La religione è conoscenza, è saggezza, come può degenerare? Tutti pensano: “io metto in pratica la religione: medito, prego, e leggo i testi”.
Ma dovete controllare se tutte queste attività modificano realmente la vostra mente, risolvendo i problemi mentali, e se vi procurano una chiara percezione della realtà. Se la risposta è positiva, allora va tutto bene.
A volte succede che qualcuno si identifichi con una particolare idea religiosa, diventando un fanatico: “questa è l’unica via. La mia religione è bianca, tutte le altre sono nere”. La sua mente non è aperta e non riesce a vedere altro, per questo parla così il fanatismo è solo suo, non della religione che segue.
Ad esempio, per limitarci al buddismo, ci sono tantissimi modi per praticare, a seconda delle esigenze individuali. Quindi non potete definire il buddismo una religione vera e propria se usate questa parola nel modo in cui la intende la maggioranza, specie in Occidente. Per queste persone, la religione è una cosa statica, immutabile. Il buddismo non è così. Ha sicuramente degli aspetti religiosi, ma racchiude anche molti altri fattori: filosofia, psicologia, scienza, logica e così via.
Buddha diede molti differenti insegnamenti a seconda delle varie esigenze dei suoi numerosi discepoli. Egli stesso affermò: “ad alcuni discepoli dico: fa così. Ad altri invece dico non fare così, devi comportarti in un altro modo. Perciò non desidero che i miei seguaci affermino che qualcosa è giusto o sbagliato solo perché ho detto così”. Spetta a voi verificare se qualcosa è giusto o sbagliato, non potete dire: “perché così ha detto Buddha, perché così ha detto Dio”. Su questo punto Buddha è stato molto chiaro e l’ha confermato:
“io do insegnamenti differenti che siano adatti alle differenti capacità delle singole menti, è un metodo programmato”
Per esempio, la filosofia che parla dell’anima è adatta per la mente di alcuni esseri, ma non per quelli di intelligenza superiore. In altre parole i suoi insegnamenti tenevano conto al massimo grado della psicologia della persona a cui erano rivolti. Potete capire quest’aspetto osservando come in tutti i paesi buddhisti in modi di praticare siano differenti.
Se non capite e traete conclusioni con un’esperienza limitata -forse vedendo alcuni tibetani offrire lampade di burro o incenso- potreste pensare che quello che avete visto sia l’unico modo di praticare. Milarepa, il grande Yoghi tibetano che ottenne l’illuminazione in una sola vita, visse e praticò nella solitudine delle montagne, senza cibo né vestiti.
Quindi spero sia chiaro: la pratica religiosa non ha nulla che vedere con le usanze sociali o con superficiali cambiamenti esteriori, è esclusivamente un particolare stato mentale.